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Dantedì. Un giorno dedicato al Padre della lingua italiana

Aggiornamento: 21 mar 2020

di Martina Michelangeli



Il 2020 sarà un anno sicuramente ricordato nei libri di storia a causa della pandemia del Corona Virus. L’Italia, ancora una volta, si dimostra un paese che non si arrende di fronte alle difficoltà storiche, e gli italiani lo manifestano nella vita di tutti i giorni.


Dal punto di vista culturale e letterario il 2020 ci darà un motivo in più per essere orgogliosi della nostra identità nazionale, poiché il 17 gennaio del corrente anno il Consiglio dei Ministri ha istituito il "Dantedì": ogni 25 marzo sarà celebrata in Italia la giornata dedicata a Dante Alighieri. Grande è stato l’entusiasmo da parte dei letterati e accademici alla notizia.


Spesso però si dimentica che Dante e la sua "Comedìa" (da lui stesso così chiamata nella Lettera XIII a Cangrande della Scala)


sono un patrimonio nazionale, e non solo dell’ambiente accademico. È proprio il poeta fiorentino a ricordarcelo con l’elemento più eloquente per riconoscere un uomo: la lingua (la "favella", nella terminologia italiana medievale).


“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”

Dante ha scritto la "Divina Commedia" in lingua italiana, quando l’Italia ancora non esisteva. Nel momento in cui Dante iniziò a comporre la "Divina Commedia", il concetto di un’unità linguistica nazionale era già identificato nella sua mente, come si legge nel "De Vulgari Eloquentia": in questo trattato linguistico - retorico (scritto in latino e quindi rivolto appositamente ai letterati dell’epoca) Dante ricerca quella lingua volgare ("vulgus" in latino vuol dire popolo) adatta alla scrittura delle opere letterarie. La ricerca di questa lingua è fondamentale per comprendere il fine ultimo della "Divina Commedia": il capolavoro dantesco narra dell’elemento più naturale nella vita degli uomini, l’Amore. La "Divina Commedia", infatti, è la dedica che Dante compone per la sua amata Beatrice, e questo lo riferisce lui stesso nell’ultimo capitolo della "Vita Nuova":



Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d’alcuna.



Dante consacra la sua maggiore opera alla donna che nella vita gli fece conoscere l’Amore

(indicato nella poetica medievale come un nobile signore). Attraverso la "Divina Commedia"

Dante rivela che l’Amore, in quanto Passione identificata come una fiamma, ci rende vivi.

Giovanni Boccaccio (definito il primo fedele del Poeta fiorentino) disse che Dante è colui che

dà, che dona e questo concetto è fondamentale poiché nell’epoca medievale il nome di un

uomo designava il suo destino. Dante ci ha donato, e ancora ci dona dopo 700 anni dalla sua morte, una lezione di vita incredibile: ogni uomo ha uno scopo da seguire nel cammino della propria vita, e le nostre passioni aiutano a indirizzare ognuno di noi verso la diritta via per allontanarci dai momenti di oscurità.


Oggi tutti noi stiamo vivendo un momento di buio, per le nostre vite personali (poiché lontani dagli affetti) e per la nostra comunità nazionale; credo, perciò, che la celebrazione di questo primo Dantedì possa essere una importante occasione per rileggere la "Divina Commedia" e ricevere con consapevolezza nel profondo del nostro cuore il dono di Dante.

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